La Leishmaniosi nel cane

La Leishmaniosi nel cane

Leishmania infantum agente della Leishmaniosi in Europa è un parassita dei Flebotomi (pappataci) che può colpire cani e gatti, ma anche altri mammiferi (lagomorfi) incluso l’uomo.

Pressoché ubiquitario in Italia, il Centro-Sud Italia, le zone litoranee e le colline appenniniche e il lago di Garda sono le zone a più elevata endemia ma ad oggi nessuna zona italiana può essere considerata a rischio zero.

Il parassita si replica sessualmente nel Flebotomo ma viene trasmesso appunto al cane nel quale si riproduce in modo asessuato.

I Flebotomi durante la stagione invernale non sopravvivono allo stadio adulto, ma solo allo stadio di uova o talora larve. Il cane ed altri mammiferi rappresentano quindi il serbatoio di infezione per i nuovi Flebotomi che nascono dalle uova nella stagione primaverile, consentendo quindi al parassita di mantenersi endemico in zone che abbiano un habitat a loro favorevole.

I pappataci sono insetti ematofagi (ovvero che si nutrono di sangue, come le zanzare) i quali prediligono le ore crepuscolari e notturne per cibarsi, così come i mesi caldi (da inizio maggio a inizio novembre), l’umidità e le zone non ventilate.

Sono principalmente presenti in ambienti rurali e costieri poiché, per lo sviluppo e la crescita, le larve necessitano di temperature, umidità adeguata e riparo (crepe profonde nel terreno o di vecchi muri o edifici) e per quanto concerne quelli presenti in Italia e responsabili della trasmissione di L. infantum sono esofili e esofagici (cioè non entrano e non pungono all’interno delle abitazioni).

L’uomo può essere infettato da Leishmania infantum ma il contagio non è diretto (dal cane) ma è causato dalla puntura dei flebotomi (pappataci).

Avere un cane affetto da leishmaniosi, se trattato su consiglio del medico veterinario con farmaci che impediscano la puntura del pappataci (piretroidi) e che provochino la loro morte dopo la puntura (isoxazoline), non è un fattore di rischio per la famiglia.

In ogni caso nell’uomo colpito da L. infantum, nella maggior parte dei casi, le lesioni si limitano alla cute, sono localizzate e rispondono bene alla terapia. Nei soggetti immunodepressi (infezioni da HIV, chemioterapie, terapie immunosoppressive) non si possono però escludere forme sistemiche indipendentemente dall’età.

Diagnosi

La diagnosi di Leishmaniosi nel cane è una diagnosi prettamente di laboratorio che deve essere effettuata dal medico veterinario con esami indiretti (titolazione anticorpale) e diretti (volti all’evidenziazione del parassita) spesso eseguiti in associazione.

Va comunque segnalato che non esistono test o esami ematologici in grado di escludere con certezza che un cane non sia infetto.

L’infezione precede di mesi o anni l’eventuale comparsa di segni clinici per cui nelle zone a rischio è consigliabile effettuare screening annuali.

Un cane infatti può risultare positivo o manifestare malattia mesi o anni dopo la sua esposizione al parassita.

Image

Fig. - numerosi amastigoti di Leishmania infantum ad esame citologico linfonodale di un cane malato. La forma amastigote rispetto a quella del promastigote presente nel Flebotomo, ospite definitivo, perde il flagello per l’esposizione alla temperatura corporea più elevata e sfavorevole rispetto a quella ambientale e si riproduce in forma asessuata.

I sintomi clinici di Leishmaniosi nel cane, quando presenti possono essere:
- Sintomi cutanei come la perdita di pelo (specie nelle zone della testa) o croste ai padiglioni auricolari.

oppure

Sintomi sistemi fra cui i più frequenti sono perdita di peso, epistassi, patologie oculari, aumento della sete e perdita dell’appetito.

Trattandosi di una malattia sistemica le complicanze possono essere molteplici ma l’organo più bersagliato solitamente è il rene. L’eccessiva produzione di anticorpi porta nella maggior parte dei casi a insufficienza renale cronica.

L’evoluzione dell’infezione dipende dal suo status immunitario del cane (componente cellulo-mediata Th1) e dalle eventuali terapie e l’aspettativa di vita può essere assolutamente normale così come di pochi mesi.

La terapia è complessa e va riservata solo ai cani sintomatici e prevede l’utilizzo di cicli di farmaci Leishmanicidi associati eventualmente a farmaci in grado di contrastare le alterazioni indotte in ogni singolo soggetto e deve essere seguita da un monitoraggio costante per tutta la vita.

La Leishmaniosi in forma clinica non è quindi una malattia da “deficit” immunitario ma da alterata risposta del sistema, assimilabile grossolanamente a quella allergica.

Farmaci o “principi” immunostimolanti devono essere somministrati sotto controllo e approvazione del medico veterinario perché potrebbero avere effetto controproducente.

La prevenzione della Leishmaniosi nel cane si base in primo luogo sull’evitare l’esposizione del cane ai pappataci nella stagione a rischio da maggio a novembre: tenere quindi il cane in casa durante la notte ed evitare le uscite serali e mattutine e proteggerlo con antiparassitari specifici (piretroidi in formulazione collare o spot on) che ostacolino la puntura dei Flebotomi.

Nelle aree a rischio è consigliata la vaccinazione, che non riduce il rischio di infezione ma riduce notevolmente la probabilità che un cane infetto sviluppi forme cliniche.

Vista la possibilità di trasmissione materno fetale e venerea i cani infetti o con un passato di malattia (anche se clinicamente sani) non dovrebbero riprodursi.


“DVM, Specialista in Clinica dei Piccoli Animali, Diplomato EVPC, EBVS® - European Veterinary Specialist in Parasitology”.
Image
Image

Lascia i tuoi commenti

Posta commento come visitatore

0
I tuoi commenti sono soggetti alla moderazione dell'amministratore.
  • Nessun commento trovato