L’osteosarcoma, il tumore osseo primario più frequente nel cane, può localizzarsi in qualsiasi parte dello scheletro.
La localizzazione più caratteristica è a livello delle ossa degli arti, soprattutto di quelli anteriori. I cani colpiti sono in genere di media-grossa taglia (ma non solo) e per lo più maschi, ma anche le femmine possono ammalarsi. L’età media è 5-7 anni, ma anche soggetti di 2-3 anni ne possono risultare affetti.
Le ossa del bacino, la scapola, il cranio e le coste sono meno frequentemente colpite e ancor più raramente le vertebre.
L’osteosarcoma del cane, se localizzato agli arti, provoca una tumefazione dura con conseguente dolore e zoppia, fino alla sottrazione completa dell’arto al carico (che si può verificare soprattutto in caso di localizzazioni alte, ad esempio se localizzato sull’omero, ovvero il braccio del cane). L’osteosarcoma costale (costole) determina invece una deformazione dura e fissa della parete toracica, quello cranico una deformazione della faccia, mentre quello pelvico (bacino) può inizialmente passare inosservato, specie nei soggetti vigorosi e ben nutriti.
Dopo che il veterinario ha visitato il cane, in caso di sospetto di osteosarcoma, si potranno richiedere ulteriori accertamenti, prima di tutto un esame radiografico. La diagnosi definitiva si basa comunque su ago-aspirato ed esame citologico e, preferibilmente, biopsia ed esame istologico. Per escludere la disseminazione metastatica, il veterinario potrà richiedere un esame TC “total body”, utile anche per stabilire come operare.
L’aggressività clinica dell’osteosarcoma può essere influenzata dalla sua localizzazione: se a carico degli arti, è possibile che il tumore sia meno aggressivo se localizzato sotto al carpo (il nostro polso) o al garretto, quelli a carico del cranio possono essere meno aggressivi ma il problema, in questo caso, è spesso la possibilità o meno di resezione chirurgica completa (fattibile in caso di localizzazione mandibolare o mascellare, meno in altri casi).
In caso di osteosarcoma del cane, l’esame del sangue può aiutare il veterinario a rilevare alcuni fattori prognostici negativi (ad es. linfocitosi, aumento della fosfatasi alcalina, etc.). Anche se raramente, anche i linfonodi regionali possono essere interessati dalla neoplasia; pertanto, il veterinario, durante la chirurgia definitiva per la rimozione del tumore, può decidere di rimuoverli per farli esaminare istologicamente.
In circa il 90% dei casi, sia l’esame radiografico sia la TC sono negativi per metastasi alla prima presentazione ma, purtroppo, soprattutto in caso di osteosarcoma ad un arto, micrometastasi sono probabilmente già presenti. Questo giustifica il ricorso alla chemioterapia dopo la chirurgia.
La terapia chirurgica, in assenza di metastasi visibili, consiste nell’eliminazione in blocco della neoplasia che può comportare l’amputazione di un intero arto o solo la resezione della parte interessata seguita, se del caso, da ricostruzione, come per l’osteosarcoma localizzato alla parete toracica (che comporta la resezione di più segmenti costali), o alla mandibola (mandibolectomia), al bacino (pelvectomia parziale o emipelvectomia), etc. Solo raramente si osservano, dopo chirurgia, problemi funzionali seri e duraturi.
Spesso l’amputazione di un arto è più un problema per il proprietario che per il cane, sono veramente pochi i soggetti che non possono tollerarla ed è controindicata solo nei pazienti neurologici o in quelli troppo obesi. Per l’accettazione dell’amputazione come atto terapeutico è importante il consenso familiare unanime, i cani questo, in un qualche modo, lo avvertono.
Per quanto riguarda la prognosi, in caso di osteosarcoma dell’arto, la sola chirurgia è da considerarsi palliativa poiché nella stragrande maggioranza dei casi possono comparire metastasi entro 4-8 mesi. In questi casi la chemioterapia post chirurgia migliora la sopravvivenza (45-50% di cani vivi a 1 anno, 10-15% a 2 anni).
Se invece la localizzazione è costale le cose vanno peggio mentre vanno meglio se la localizzazione è cranica (ad es. mandibolare) e il tumore può essere completamente escisso.
Per tentare di migliorare queste percentuali, si propone oggi anche l’immunoterapia, in associazione comunque alla terapia standard (chirurgia + chemioterapia).
Come alternativa alla chirurgia, in caso di reale non operabilità (a causa della localizzazione del tumore) e/o volontà di non far amputare il proprio cane, è proponibile la radioterapia che, oltre a lenire il dolore per qualche mese, può essere associata a terapia farmacologica, specie nei casi non metastatici, nel tentativo di prolungare la sopravvivenza. Per il controllo del dolore, oltre alla radioterapia, il veterinario può ricorrere a farmaci come anti-infiammatori, analgesici e bifosfonati.
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