VIVERE CON UN CANE CIECO

VIVERE CON UN CANE CIECO

In qualità di oculisti veterinari, spesso, ci troviamo a dover diagnosticare anche malattie oculari gravi che causano in maniera inevitabile ed irreversibile deficit visivi negli animali sottoposti a visita specialistica. Informare i proprietari che il loro “amato” animale ha perso la vista o la perderà definitivamente di lì a breve non è mai facile, perché ci porta ad affrontare il loro dispiacere e sconforto, che può esitare a volte in un pianto irrefrenabile.

La cecità per un essere umano è certamente una situazione drammatica e grave, ma pensare che anche per un cane (o un gatto) sia sinonimo di una vita infelice, isolata dai componenti della famiglia, priva di momenti di gioco e normalità non è una corretta concezione!

I nostri animali si affidano alla vista in maniera meno importante rispetto alle persone: l’olfatto, l’udito, il tatto sono decine di volte più sviluppati e, molto più spesso di quello che noi potremmo pensare, in “situazioni di compensazione”, cane e gatto si orientano affidandosi totalmente a questi sensi. Se dovessimo immaginare come percepiscono il loro mondo, dovremmo sostituire il verbo vedere con quello sentire, inteso come capacità di descriverlo con odori, sensazioni e suoni.

Non ci deve sorprendere quindi se alcuni soggetti non mostrano alcun cambiamento comportamentale pur avendo grossi o totali deficit della visione (talvolta siamo noi specialisti durante la visita oculistica a comunicare al proprietario che il loro animale è già cieco…).

Come reagisca un cane al “black out visivo” dipende comunque dalla sua personalità: un soggetto pauroso, fragile, anziano o al contrario abituato a fare il leader, potrà metterci più tempo ad adattarsi alla nuova condizione e potrà manifestare disagio/aggressività o dipendenza nei confronti del proprietario e degli altri animali, oppure potrà cadere in depressione, riducendo le sue attività abituali di gioco e interazione sociale, trascorrendo la maggior parte della giornata a dormire.

Quello che può fare la differenza in queste situazioni è proprio l’aiuto da parte del proprietario: tramite un po' di esercizio e tanta pazienza si potrà “insegnare” al proprio cane ad adattarsi alla sua “nuova vita”. Il padrone, dal canto suo, dovrà aver superato le fasi negative del “lutto” (negazione, rabbia, contrattazione, depressione) ed essere approdato alla fase di accettazione della cecità del proprio animale; solo così potrà davvero aiutarlo, motivandolo ed incentivandolo a ritornare ad una nuova normalità.

Sarà fondamentale che il veterinario spieghi chiaramente qual è la patologia oculare che affligge l’animale e, qualora sia dolorosa, come ad es. in alcuni casi di glaucoma, consigli la miglior terapia per mantenere una buona qualità di vita; un animale cieco, ma senza dolore oculare, vive bene a volte quasi come un suo simile non malato. Talvolta quando il dolore è acuto e non controllabile con i farmaci la “rimozione chirurgica dell’occhio” (enucleazione) può rappresentare la soluzione più rapida e definitiva; questa azione non deve spaventare o sconvolgere il proprietario poiché il cane non è conscio di aver perso un organo e non lo vivrà come trauma emotivo, come invece accade per gli esseri umani. Cani che risultavano abbattuti e sofferenti da tempo come conseguenza della malattia, riacquisteranno, subito dopo l’intervento, quella vivacità, “giovinezza” e gioia di vivere che sembravano aver perso, e molto spesso i proprietari se ne accorgono e ne sono testimoni.

Con il giusto atteggiamento e allenamento sarà possibile insegnare al proprio cane a muoversi di nuovo in sicurezza nello spazio casalingo e all’esterno, inizialmente con l’aiuto di un collare e un guinzaglio, poi anche senza; nelle prime fasi si dovrà evitare di lasciarlo libero per impedirgli di cadere o farsi male. Sarà fondamentale impartire comandi unici e precisi per ogni azione come ad es. “rallenta”, “stop”, “libero”, “sali”, “scendi”, ecc., da scandire con un tono ed un’inflessione della voce diversa a seconda di quello che si vuole richiedere, non potendo l’animale vedere il linguaggio corporeo del proprietario. Se per es. il cane sta per andare a sbattere contro un oggetto bisognerà impartire il comando “stop” in maniera secca e decisa, mentre se l’ostacolo si trova a diversi metri di distanza il “rallenta” dovrà essere pronunciato con una cadenza lenta e ritmata. Non si dovrà mai alzare la voce o perdere la pazienza, facendo avvertire la propria frustrazione se l’animale non esegue un comando: di solito avviene o per mancata comprensione o per eccessiva distrazione (es. all’aperto o in presenza di altri animali). Meglio fermare l’esercizio e prendersi una pausa per evitare che il cane percepisca il nostro sconforto e si deprima; ogni volta invece che completerà l’ordine, si dovrà premiarlo con cibo e carezze oltre che con complimenti verbali. Più tempo si dedicherà all’esercizio, più il soggetto imparerà in fretta. 

Per aiutarlo a costruire e memorizzare la “mappa mentale” dell’ambiente in cui vive si potrà marcare il territorio con profumi ed olii essenziali, consigliando il proprietario di spostare il meno possibile i mobili e le altre cose e di allestire una sorta di tragitti fatti di stoffa o altro materiale per differenziare in maniera tattile le varie parti della casa: l’animale imparerà ad utilizzare queste “passerelle” come vie preferenziali per evitare gli ostacoli e nel tempo  riuscirà a farne a meno.

Nel caso in cui un minimo di funzionalità visiva sia ancora mantenuta, come negli stadi iniziali della PRA (atrofia progressiva della retina) dove la visione notturna viene persa per prima, si potrà aiutare il cane lasciandogli alcune luci ambientali accese la sera o “spezzando” la monocromia della casa applicando delle strisce nere o bianche in contrasto, per es sui gradini o negli spigoli dei muri. 

Tutte le superfici pericolose e le estremità appuntite dovrebbero venire ricoperte con materiale morbido per evitare che l’animale ci sbatta contro e si ferisca, procurandosi per es delle lesioni della superficie corneale.

Anche il gioco non potrà essere abbandonato perché parte integrante della componente etologica: l’utilizzo di palline con campanellini o simili, magari marcati con odori e profumi particolari, faciliterà il cane nella loro individuazione.

 Se il soggetto è abituato ad interagire con altri animali si dovrà, con tutte le cautele, incentivare questo aspetto, avvisando gli altri proprietari della cecità del proprio cane e chiedendo loro di prestare maggiore attenzione. Infatti gli animali comunicano, oltre che con la voce, anche con un linguaggio corporeo; un soggetto cieco non potrà ovviamente vedere i segnali mandati da un altro cane (es. la posizione delle orecchie, della coda o del corpo stesso) e quindi per questo potrebbe non comportarsi di conseguenza, innescando anche atteggiamenti aggressivi uni o bidirezionali. Queste attenzioni dovranno essere maggiori in spazi ristretti o in ambienti che possono aumentare l’agitazione degli animali, come dal veterinario, dal toelettatore o in casa di parenti e amici.

In conclusione, la cecità è sicuramente un forte handicap per qualsiasi essere vivente, ma nel cane non deve essere motivo di abbandono o, peggio ancora, di richiesta di eutanasia. Come citato in un famosissimo libro per bambini “Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi” ricordiamoci che i nostri amici a quattro zampe hanno un cuore immenso, che continuerà a vedere, e sentire, indipendentemente dalla loro vista, anche grazie al nostro prezioso aiuto.

 

 

“DVM, Dottore di Ricerca in Oftalmologia Veterinaria Specialista in Clinica e Malattie dei Piccoli Animali (Oftalmologia)”
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