Epidemiologia
Nonostante la percezione di calo delle prevalenze del parassita nelle aree storicamente endemiche, percezione legata al fatto che la maggior parte dei medici veterinari pratici opera su una clientela selezionata che mette in atto più o meno correttamente piani di profilassi, nonostante la profilassi effettuata da molti proprietari attenti alla salute del proprio animale, D. immitis mantiene costante la sua prevalenza nelle vaste sacche di animali (> 50%) che per motivi economici o logistici non sono sottoposti a profilassi.
La percentuale dei soggetti infettati nella pianura padana continua a mantenersi tra il 20 e il 40%.
È interessante notare che nell’ultimo decennio nuove aree sono diventate endemiche anche nel centro sud Italia (Puglia, Sicilia) e che virtualmente nessuna regione Italiana può considerarsi indenne.
La diffusione di D. immitis verso le regioni meridionali si associa alla diffusione di D. repens dal sud verso il nord, tanto che le infestazioni miste nel Nord Italia sono diventate molto frequenti se non maggioritarie.
Tra le cause di diffusione di entrambi i parassiti va considerata primariamente la contemporanea diffusione di specie aliene come Aedes albopictus, la famosa zanzara tigre, che per la sua capacità di adattarsi molto bene ad ambienti fortemente antropizzati e contaminati e per l’abitudine di eseguire il pasto di sangue durante le ore diurne e in sequenza su più soggetti mette a rischio contagio anche tipologie canine (cani di appartamento che vivono in Città) che prima erano a rischio modesto.
L’ambiente urbano favorisce inoltre la diffusione del parassita anche perché proprio nei contesti maggiormente cementificati sono riscontrabili le cosiddette “isole di calore”, microambienti nei quali le temperature anche nelle stagioni fredde superano i 14°C, il valore soglia per lo sviluppo della larva all’interno della zanzara.
Nel gatto per le difficoltà legate alla diagnosi non sono disponibili vasti dati epidemiologici. La minor attrattività del gatto verso le zanzare e la naturale resistenza di alcuni soggetti (1 su 4) all’infestazione da D. immitis fa sì che la prevalenza di questa parassitosi, che evolve nella maggior parte dei casi in forma asintomatica, per poi appalesarsi con sintomatologie acute e gravi (tra cui morte improvvisa), sia inferiore. Dati teorici, verificati sul campo in alcuni studi limitati, fanno ritenere che la prevalenza nei gatti, nella medesima area geografica, sia circa il 10% di quella riscontrabile nei cani (che sono reservoir del parassita).
Macrofilarie (adulti) di Dirofilaria immitis
Diagnosi
I test attualmente in commercio per la ricerca di antigeni circolanti di D. immitis hanno raggiunto un’altissima sensibilità e sono in grado di svelare la presenza di pochissimi (o anche solo uno) parassiti adulti, specie in canidi piccola taglia (minor diluizione dell’antigene) o in presenza di macrofilarie femmine adulte (maggiore liberazione di antigene).
L’aumento della sensibilità ha portato inevitabilmente ad una riduzione della specificità tanto che oggi sono ben documentati falsi positivi da reazioni crociata in caso di infestazione da Angiostrongylus vasorum e Spirocerca lupi, e altri nematodi (in particolari D. repens) si sospetta possano dare ugualmente cross reactivity.
Le indicazioni di ESDA (European Society of Dirofilariosis and Angiostrongylosis) sono quelle di eseguire contestualmente al test Antigenico un test di Knott per la ricerca di microfilarie circolanti per incrementare il valore predittivo positivo dei test e per evidenziare possibili razioni crociate nel caso che un test risulti inaspettatamente positivo in assenza di microfilaremia. In caso di difficile identificazione morfologica delle macrofilarie al test di Knott può essere utile l’esecuzione della PCR per identificare la specie.
La PCR deve seguire e non sostituire il test di Knott perché il DNA esaminato è quello contenuto nelle microfilarie circolanti (inutile eseguirla in cani non microfilaremici) e per la minor sensibilità (cani con microfilaremie inferiori a 4-6 mf/ml danno frequentemente esito negativo).
Nel gatto la scarsa sensibilità dei test antigenici e il raro riscontro di microfilaremia impongono l’uso contestuale dei test anticorpali, considerando che essendo test indiretti non forniscono prova certa d’infestazione e che nei soggetti asintomatici questi test hanno sensibilità incompleta. In caso di positività a test anticorpale, con test antigenico negativo, è necessario quindi ricorre ad altri ausili diagnostici (ecocardiografia) per una diagnosi di certezza.
Terapia
Nel cane le due terapie causali d’elezione sono rappresentate dalla Melarsomina (terapia medica adulticida) e dalla rimozione delle macrofilarie per via trans-giugulare con tecnica mini-invasiva (Ishihara Forceps Fujinon, ClearIt Avalon med) nei soggetti con “Sindrome della vena cava” o elevate cariche parassitarie riscontrate ad esame ecocardiografico.
Per questo motivo è importante che il medico veterinario possa effettuare una corretta stadiazione del paziente utilizzando anche indagini strumentali come esami radiografici ed ecocardiografici.
Profilassi
Le variazioni climatiche e le importanti modificazioni nella popolazione di ospiti intermedi (zanzare) non consentono di individuare con sicurezza una stagionalità del parassita con una fase di inizio e una di fine rischio trasmissione, in particolar modo in ambito urbano e nelle regioni centro meridionali.
La profilassi per la Filariosi cardiopolmonare sia nel cane sia nel gatto dovrebbe essere eseguita con una copertura di tutti i 12 mesi dell’anno come indicato dalle linee guida ESDA e AHS.
Immagine di copertina: Microfilaria di D. immitis. Striscio ematico (colorazione Romanowsky). Le microfilarie di D.immitis sono riconoscibili per lo spazio cefalico privo di nuclei (non presente in D repens)
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