La cheyletiellosi è una malattia parassitaria e contagiosa causata dall’acaro Cheyletiella spp.
Le tre specie di interesse dermatologico sono rappresentate da Cheyletiella blakei, Cheyletiella yasguri e Cheyletiella parasitivorax, morfologicamente molto simili; una specie si è adattata prevalentemente al gatto (Cheyletiella blakei), una al cane (Cheyletiella yasguri) e una al coniglio (Cheyletiella parasitivorax) pur essendo possibili infestazioni interspecifiche.
La cheyletiellosi è contagiosa?
La Cheyletiellosi è una malattia altamente contagiosa e la trasmissione avviene in genere tramite contatto diretto.
Meno frequentemente il contagio si verifica per via indiretta in quanto le femmine adulte, a differenza delle forme immature e dei maschi che muoiono immediatamente in assenza dell’ospite, sono più resistenti riuscendo a sopravvivere sino a 10 giorni nell’ambiente rappresentando possibili fonti di re-infestazione.
Cheyletiella può essere inoltre veicolata da altri parassiti come pulci, pidocchi e mosche.
La Cheyletiellosi è una zoonosi e l’uomo può essere infestato transitoriamente manifestando macule e papule raggruppate soprattutto su arti tronco e natiche intensamente pruriginose.
Eliminando la fonte di infestazione, tramite trattamento acaricida dell’animale malato, si ottiene, in circa tre settimane, la regressione spontanea delle lesioni nell’uomo.
Come si manifesta la cheyletiellosi?
I segni clinici nel cane e nel gatto variano notevolmente di intensità da soggetto a soggetto.
Inizialmente la maggior parte degli animali manifesta una dermatite esfoliativa localizzata nella regione dorso-lombare caratterizzata dalla presenza di piccole scaglie biancastre, asciutte che si staccano facilmente dalla superficie cutanea.
Successivamente l’esfoliazione può diventare più importante tanto da determinare un aspetto polveroso del mantello.
Gli autori anglosassoni utilizzano il termine “walking dandruff” (“forfora che cammina”) per descrivere i movimenti degli acari sulla superficie cutanea che presentano un colore biancastro simile a quello delle scaglie con le quali si confondono.
Il prurito è di intensità variabile, da assente a molto intenso e non sembra proporzionale al numero di acari presenti facendo sospettare l’instaurarsi, in alcuni soggetti, di fenomeni di ipersensibilità.
Fig. 1 - Piccole scaglie biancastre sul dorso di un cane con cheyletiellosi.
Nel gatto l’attività di grooming può determinare la rimozione sia delle scaglie che degli acari per cui questi segni clinici iniziali possono passare inosservati determinando una progressione della malattia più lenta rispetto al cane.
Diversi gatti manifestano dermatiti papulo-crostose (dermatite miliare) altri alopecia simmetrica autoindotta.
Fig. 2 e in copertina - Alopecia autoindotta e dermatite miliare in un gatto con cheyletiellosi.
Come si fa la diagnosi di cheyletiellosi?
La diagnosi di Cheyletiellosi si effettua osservando il parassita o le sue uova al microscopico anche se talvolta le dimensioni dell’acaro consentono un esame visivo diretto con l’ausilio di una lente di ingrandimento direttamente sul corpo dell’animale.
La tecnica di elezione per la ricerca di Cheyletiella è l’esame con nastro adesivo trasparente (“scotch test”) che può essere realizzato dal medico veterinario direttamente sull’animale o previo spazzolamento.
Un’altra tecnica che può essere utilizzata dal veterinario è il raschiato superficiale cutaneo, soprattutto nel caso in cui siano presenti pochi parassiti, mentre l’esame microscopico del pelo permette di osservare le uova del parassita ancorate al fusto pilifero.
Gli animali che manifestano prurito, soprattutto i gatti, possono ingerire in seguito a intenso leccamento gli acari e/o le loro uova che possono essere identificati anche nel corso di un esame coprologico per flottazione.
Fig. 3 - Raschiato cutaneo superficiale: adulto e uova di Cheyletiella spp.
Notare i due prominenti uncini contrapposti tipici del genere Cheyletiella.
Come si tratta la cheyletiellosi?
Il trattamento della cheyletiellosi si basa sull’utilizzo di molecole ad attività acaricida.
Attualmente in Italia non ci sono molecole registrate per il trattamento della cheyletiellosi ma è provata l’efficacia di preparazioni sia in formulazione spot-on che in formulazione orale che il medico veterinario potrà prescrivere.
Essendo la cheyletiellosi una malattia estremamente contagiosa è fondamentale recarsi rapidamente dal veterinario per una diagnosi precoce ed il trattamento di tutti gli animali conviventi per evitare ricontaminazioni.
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